Raffaele Milani, I volti della grazia, Il Mulino, 2009.
Proprio non ve la consiglio, questa lettura.
Primo, perche’ dubito che ancora rimaniate ammaliati da una messe di citazioni
decontestualizzate. Secondo perche’ son tutt’atro che certo che abbiate bisogno,
in un saggio, di un tono entuisiastico, talvolta parenetico e spesso
classificabile nel genere del protreptico. Verso qual fine edificante ? Una
meta che sta tra l’erudizione onnivora
e l’autonomia del sentire estetico.
La prima espressione e la seconda, ambedue tolte dal penultimo capitolo,
(l’esaltazione di Baltrušaitis), che precede (ovviamente) quello cui e’
affidato l’epilogo. Niente di meno che la condanna dell’arte moderna, per
l’abbandono, appunto, della grazia, come
se quell’abbandono piu’ che materia di condanna non fosse materia di
constatazione e come se per quell’abbandono non fossero stati –diciamo-
ampiamente e drammaticamente dichiarati (forse non sempre a parole) i motivi. E
in effetti dagli esponenti di quell’arte senza grazia (e speriamo non
“degerata”) poche sono nel volume le citazioni. Certo Kandinskij e’ fra quei
pochi, per i suoi colpi intuitivi di colore e soprattutto per le sue botte di
pltoinismo. Siamo infatti a leggere una sorta di manifesto del neo-neo-neo ...
platonismo, addirittura sottolineato da polemicamente sporadici riferimenti a
Aristotele, mentre il raffaellesco dialogo gestuale compare (non mi pare in
quanto richiamato da testo come uno dei paradigmi della grazia in pittura)
nelle tavole fuori testo. E, come esempio degli sporadici riferimenti
stagiritici:
Aristotele (...) diceva che
gli uomini hanno tratto dalla meraviglia (...) lo spunto per filosofare. (...)
Ma possiamo ora, in un certo senso, dire che, con il surrealismo, i fatti sono
rovesciati. Non siamo piu’ condotti dalla meraviglia alla volonta’ di
conoscenza ma, attraverso la scoperta dell’inconscio, decidiamo di abbandonare
la filosofia per lasciarci trascinare dal caos dell’immaginazione. E’ un
processo parallelo a quello determinato dal potere di suggestione della moderna
tecnologia che cattura lo spirito invertendo appunto il cammino che va dalla
fantasia alla scienza. Ci troviamo nello stupore della tecnica che abbaglia.
Nell’attesa dunque che si organizzi il lutto per
la morte dell’arte nell’eta’ moderna e che l’artista, quello devoto alle
Chariti, si riappropri della piacevolezza, armonia, meraviglia, donazione
divina, vicinanza all’Uno, fascinazione dell’hortus conclusus, etc., strappandola alle fallaci immagini in
movimento della pubblicita’ e di ogni altra banalizzazione della civilta’
industriale, se proprio volete, potete leggere questo saggio stando in guardia
dal pansimbolismo, dall’entusiastico superamento (effettuale e dichiarato)
della base filologica, dai pregiudizi storici espressi, dal sincretismo
sfrenato in campo religioso, dall’irrefrenabile spiritualismo prehegeliano.
Per ricavare che cosa ? Uno splendido terzultimo
capitolo, sulla definizione di classico e di barocco, dove la base filologica,
a lungo costretta e incatenata, riesce a ffar sentire le sue ragioni, anche
quando la consclusione e’ affidata ad una specie di intuizione.
Scopriamo infine, dietro la
sua (del barocco, n.d.r.) vitalita’ e liberta’, un invito
all’annullamento, un’angosciosa presenza di morte, come se tutte quelle spinte
e ricerche piombassero in un vuoto immenso per tormento e sfinitezza.
O qualche bel capoverso, in cui una sinteticita’
quasi icastica ha davvero una potenza chiarificatrice notevole:
(...) l’arte, essendo
ovunque in origine sacra (ogni cosa era giudicata una manifestazione divina),
sforzandosi di rappresentare l’invisibile col visibile, traducendo una
concezione metafisica del mondo, fa trasparire l’incontro fra l’umano e il
divino. Il risultato di questo incontro non e’ sempre la raffigurazione di un
dio; puo’ essere la descrizionedel cosmo o l’intreccio di forme geometriche.
Castone studiosamente decontestualizzato
dall’estensore di queste note, che lo apprezza nella sua essenza aforismatica.
Quel che invece in queste note si rifiuta e’
l’impostazione generale cui si alludeva in apertura, esaltata nelle impennate,
perv esempio, di celebrazione della geografia
sacra di Jean Richer, quanto di piu’ lontano ad un approccio filologico, o
in generale serio e rigoroso, possa esserci alla Scienza dell’antichita’ o alla
Storia delle religioni.
Infine, perche’ citare il saggio in questa rubrica
?
L’autore e’ certo persona di estese competenze,
che, in questo testo, si pone lo scopo
di seguire un cammino attraverso le epoche, connettendo fatti e aspetti della
realta’ lontani nello spazio e nel tempo. Il suo tentativo sbocca nella
scoperta di affermazioni universali di eccessiva coerenza e potere di sintesi.
Ove depurata della volonta’ di portare avanti una tesi che prevarica i limiti
della materia, si sarebbe trattato di un viaggio interessante nella storia
della cultura. L’ambizione di una impostazione iniziatica ed alchemica puo’
trasformare il rigore della ricerca e della comunicazione culturale nella
pretesa di spiegare l’universo assoggetandolo alle cifre di un linguaggio
escogitato per parlare di quell’universo. Il debito di ogni settore della
cultura e della formazione verso gli altri settori e’ immenso, perche’ nel
riconoscimento delle altre vie della ricerca e della conoscenza si percepisce
la complessita’ del reale. L’indicibile e’ indicibile, anche quando annaspiamo
per comunicarlo e compiano progressi per conoscerlo. La scuola ha da
riconoscere il misteri di un Dio debole, che ha fatto l’uomo a sua immagine e
in questo uomo si deve formare una personalita’ nell’equilibrio dei vari
approcci al sapere, nella consapevolezza di una irremediabile fatica. La
scorciatoia iniziatica di chi ritiene di aver trovato come dipanare il
difficile e intricato ordito, facendone un filo diritto che solo occhi ben dotati
dalla grazia possono cogliere nella sua esemplare rettitidine, non si addice al
nostro lavoro.
E, come proscritto. L’estensore di queste note si
e’ sempre chiesto perche’ si trovano agevolmente programmi dei contenuti di
storia politica e sociale portati nell’ultimo anno fino all’inizio di questo
secolo, mentre e’ raro trovare altrettanto spirito di contemporaneita’ nei
contenuti svolti di storia dell’arte o della letteratura. Non sara’ che la
nostalgia della profusione della grazia allontana dalle spressioni
novecentesche piu’ insegnanti di quanto si creda ?